DICONO DI NOI
Li Ucci Festival giunge alla sua 9^ EdizioneDa primo cittadino che ritiene cultura e tradizione della propria comunità, di cui la musica popolare è espressione fondamentale, valori identitari fondanti, con orgoglio presento la 9a edizione de Li Ucci Festival, evento di grande valenza artistica, verso il quale l’Amministrazione comunale rinnova anche quest’anno il proprio sostegno. La manifestazione nata per mantenere vivo e preservare il ricordo dei nostri concittadini Uccio Aloisi, Uccio Bandello e Narduccio Vergaro, custodi e interpreti dei canti d’amore e di lavoro, ma anche di tutti gli altri cantori salentini. Li Ucci Festival con gli anni è cresciuto grazie all’entusiasmo di tutti quei cantori e musicisti che hanno raccolto e coltivato questa tradizione, attraverso il prezioso coordinamento degli organizzatori e il supporto di un sempre più vasto pubblico. Un importante momento di destagionalizzazione del turismo nel nostro territorio, la quintessenza del folclore, diluita in sette giorni di canti e racconti, di iniziative ed eventi culturali. Ad accogliere i visitatori ci sarà come sempre un’intera comunità, pronta ad accompagnarli tra bellezze artistico-naturali ed eccellenze enogastronomiche.
Un ringraziamento particolare al Presidente e Direttore Artistico Antonio Melegari, al Responsabile Comunicazione Antonio Tarantini e a tutti i componenti dell’associazione culturale Sud Ethnic.
A tutti i partecipanti un caloroso benvenuto a Cutrofiano, Città della Ceramica, borgo autentico d’Italia.
SALENTO: Terra di Suoni, Profumi e Colori InimitabiliL’associazione culturale SUD ETHNIC di Cutrofiano rappresenta, per il nostro territorio, un importante strumento di ricerca, tutela e valorizzazione delle nostre tradizioni. Il lavoro continuo che vede ogni anno la produzione de ``LI UCCI FESTIVAL`` è un momento di elevato spessore culturale e per il quale non posso che complimentarmi ed esprimere a nome mio e dell'Istituzione che rappresento apprezzamento e gratitudine. Rivendicare con orgoglio radici e cultura è un tratto distintivo delle genti del sud ed in particolare di noi salentini; questo ci permette di affrontare con forza e consapevolezza le tante sfide con cui, da sempre, questa terra si misura.
All'amico Antonio Melegari, ad Antonio Tarantini e a tutto lo staff de Li Ucci Festival faccio i complimenti per il lavoro quotidiano che svolgono a servizio di tutto ciò che, in poche righe, ho provato a sintetizzare e che racchiude l'essenza di una terra magica e dai suoni, profumi e colori inimitabili.
Amore per la musicaManiacale era l’impegno che Uccio pretendeva dal “Gruppo” (ad iniziare da lui), sintetizzando col suo “Tocca Smujamu”, volendo dire: dobbiamo far penetrare l’emozione del canto “cu sse rrizzane li carni a cci ni sente”. Altrimenti, -aggiungeva-, non vale la pena di stare sul palco”.
Per questo motivo (penso uno dei pochi casi) pretendeva che i tecnici puntassero i fari esclusivamente sugli spettatori, mai sul palco. Era abile, infatti, a scrutare i volti e capire il grado di “smuju” che si stava producendo; per questo, a volte proponeva all’improvviso canti non previsti (o mai provati) dalla scaletta.
Un aspetto della personalità di Uccio che mi ha sempre colpito riguardava quel particolare atteggiamento che assumeva poco prima e durante il canto (in qualsiasi situazione, in concerto, attorno ad un tavolo, tra amici). Il suo volto sempre pronto a modellare le battute di spirito, il carattere sanguigno, il sorriso, lo sguardo malizioso, i gesti… tutto spariva all’improvviso e si vedeva in lui un altro volto, attento, sofferente quasi pronto ad un rituale sacro. Uccio era una persona che aveva uno smisurato senso di rispetto e dignità nei confronti della canzone popolare e della musica in genere.
LA RICETTA DI DON PASTA
Non esiste un pensiero contadino senza Uccio Aloisi“La gente nun canta cchiui. S'à persu lu bellu te la vita”. Troncata, di netto. Un addio. Ci sono uomini inquieti che passano e trasformano. Antitesi di Attila fanno crescer fiori nel deserto. I fiori della tradizione non arrivano per caso, anche se la leggerezza di chi li posa lascerebbe intendere il contrario. Bisogna essere senza remore per seminare. “Perché la canzone fatta bene è bella ed è indimenticabile. Altrimenti non vale un cazzo, in sostanza, non ha mordente”. Entrare nella terra di vanga, di parola, lasciar la traccia. Ferire la terra. E' morto Uccio Aloisi. Se c'è qualcuno che ha saputo raccontare una storia in Salento fuori dal tempo, nel tempo, è lui. Umorale, scorbutico, senza rispetto. “Ne ho inventate tante... Ma poi ‘sti giovani di oggi non capiscono un’ostia”. Lui costruisce le comunità. Le ha costruite. Per secoli, per millenni, c'è sempre stata nel suo viso antico, in ogni ruga, una semina, una canzone. Non esiste un pensiero contadino senza Uccio Aloisi. Perchè senza un cantastorie non esiste comunità, come Re Lear senza The Fool. Contenitori di verità, buffoni e cantastorie, avevano il diritto dell'offesa perchè interpretavano la verità, nella parola, irriverente, pulita. “Quisti quai ca cantane moi su tutti morti”. Uomo senza paura, Mick Jagger del Salento, conosceva la regola della musica. Far star bene la gente. Passò dalla putea al palco senza mai capire veramente il concetto di concerto. Avrebbe cantato sino a morire di stanchezza, così aveva sempre fatto, in missione per conto del popolo. Fu amante di stornelli, uomo dalla bella voce “E mò, inizi una tarantella e dududum dududum e la gente se rumpe li cujuni...” . In lotta contro una modernità così intenta a cancellare la cultura contadina. Troppo complessa, nervosa, irriverente. Troppo romantica, scorbutica, pagana. “E poi io tengo anche un limite di pazienza, quando la perdo la perdo, per sempre, mando affanculo anche il Padreterno”. Paladino del pensiero popolare in una modernità assoggettata sino in fondo al re, al nobile. La modernità non tollera paganesimi. La modernità è teocratica. Impone. Ma un cantastorie è un rivoltoso che ha per armi passato e futuro. Per salvare una tradizione ci vuole un passaggio di consegne e staffettisti coraggiosi, come in guerra. Che decidono, che vedono il pericolo, che si nascondono ed escono fuori al momento opportuno. E cantano spudorate storie di amore. “La donna in pantaloni, a me non piace, con la sottana poi è un’indecenza; mi piace con lo slippo, o meglio senza...”
Uccio Aloisi
Iniziarono in tre, vicini di campagna. Probabilmente il canto dello zappare passava di terra in terra e si faveva eco. Gli anni ottanta avevano ucciso il pensiero contadino, il loro canto. Resistevano gli Ucci e pochi altri, tra tavole imbandite e caraffe di negroamaro. Li vidi per la prima volta nel '92 ad Aradeo. Invitati da quegli uomini di rottura e cultura chiamati Sud Sound System. Senza loro ci sarebbe stata la vittoria del nulal contro il mondo di Fantasia. Uccio è stata anomalia nella nuova onda della tradizione salentina, orientata sopratutto sul recupero della pizzica. Lui fu amante di stornelli e del belcanto. Roba de Smuju è la sua pietra miliare. nota: In corsivo gli estratti dell'intervista a Uccio Aloisi fatta da Luca FerrariBaccalà raganato
Il baccalà salato ed essiccato, prima di essere utilizzato, va ammorbidito e dissalato. E’ necessario tenerlo in acqua per 3-4 giorni. Data la quantità di sale liberata dal baccalà è necessario cambiare l’acqua di continuo. Potete facilitare questa operazione mettendo dei ceci nell’acqua, che assorbiranno parte del sale.
Ingredienti: 750 gr di baccalà spellato, diliscato e già ammollato, 500 g di patate, pepe, prezzemolo, aglio, olio d’oliva, pan grattato.
Preparazione: Tagliate a pezzi il baccalà e le patate a fette sottili. Ungete il fondo della pentola con olio. Sovrapponete due strati di patate e condite con prezzemolo, aglio schiacciato, pepe e un filo d’olio. Adagiate sopra i pezzi di baccalà e conditeli con gli stessi aromi. Coprite con un altro strato di patate e condite con altro olio e con una spolverata di pangrattato. Mettete in forno a 180° per 20 minuti.
Li ucci festival è un progetto impegnativo dell’ass.ne cult. Sud Ethnic, la cui realizzazione è stata possibile grazie alla collaborazione di una nutrita squadra di ben determinati. L’impegno richiesto pur gravoso è alleggerito da chi ti manifesta interesse per l’appuntamento di settembre. “Li Ucci nu li faciti st’annu” è una frase ricorrente che ti permette di non sentire la fatica di un impegno. Finisce un’edizione e subito comincia il lavoro per la successiva. La realizzazione del festival è stata possibile grazie al contributo dell’amministrazione comunale e grazie alla disponibilità di tante attività commerciali cutrofianesi e non, che pur in periodi di magra, con tutte le quotidiane difficoltà dell’imprenditoria medio-piccola, hanno voluto dare anche quest’anno il loro supporto.
Questo ci consente di ricordare i nostri cantori, far conoscere la nostra comunità, le nostre tradizioni, i nostri sapori.
Grazie, perché è grazie a voi, se tutto ciò è possibile.
Li Ucci come esempio di vitaGuardare a “li Ucci” come esempio di vita e non solo come custodi della tradizione musicale della nostra terra. Questa è l’idea che sta alla base del supporto dell’Istituto Diego Carpitella e della Grecìa Salentina, alla realizzazione de “Li Ucci Festival”.
Tutto il gruppo de Li Ucci hanno per decenni rappresentato la “formazione” ideale del canto orale di tradizione del Salento, ed oggi oltre che regalarci, nel loro ricordo, pagine indimenticabili della storia della nostra tradizione musicale, rappresentano un esempio di grandi uomini, che pur appartenenti all’umile mondo contadino, ci lasciano un mirabile esempio di impegno, etica e sensibilità.
Il nostro territorio ha ancora bisogno di guardare a queste figure positive, che apparentemente lontane dalle logiche politiche, hanno il merito di incarnare la vera autenticità e l’impegno disinteressato per la collettività; un approccio alla vita da valorizzare e da praticare per affrontare lo sviluppo futuro della nostra terra.
Li Ucci Festival: onore a personalità straordinarieLa storia antica e moderna della pizzica e del tarantismo costituisce un esempio per molti aspetti unico di una tradizione culturale che, pur essendo lunga secoli e affondando le proprie radici nel folklore locale, ha saputo proporsi – anche attraverso intelligenti contaminazioni con altre tradizioni musicali antiche e recenti – come un linguaggio in grado di comunicare i propri valori artistici a un pubblico contemporaneo e assai ampio per provenienza geografica. Si tratta dunque di una tradizione che è riuscita non soltanto a sopravvivere nel contesto della modernità globalizzata, ma anche a rinnovarsi, aprirsi al dialogo con altre storie e altre culture, contaminarsi con esse e infine trasformarsi in un fenomeno in grado di attrarre decine di migliaia di persone in quello che è divenuto il più grande festival italiano e una delle maggiori manifestazioni di musica e cultura popolare in Europa. In un’epoca, come quella in cui ci troviamo a vivere, caratterizzata dal predominio della cosiddetta cultura di massa, di quella che Max Horkheimer e Theodor W. Adorno definivano nella Dialettica dell’Illuminismo come ‘industria culturale’, e segnata allo stesso tempo da un muro di apparente incomunicabilità tra la produzione artistica, musicale e culturale rivolta agli addetti ai lavori e quella destinata invece al grande pubblico – che spesso significa anche incapacità della prima di comunicare a un pubblico più ampio –, il modello rappresentato dalla tradizione della pizzica è, viceversa, quello di un incontro di linguaggi, di uno scambio reciproco che avviene, per così dire, sia dall’alto verso il basso che dal basso verso l’alto: così una musica fortemente caratterizzata dalle sue origini popolari sa rimettersi in gioco e fondersi con tradizioni a loro volta assai diversificate, dalla musica cosiddetta colta, in particolare sinfonica, al jazz, dalla world music per arrivare – ma sono soltanto alcuni esempi – al rock. E ancora: in un momento storico nel quale la nascita delle società multiculturali rischia di degenerare in un’organizzazione sociale strutturata per nicchie chiuse e non comunicanti, nella quale le singole comunità culturali, raccolte in se stesse e non desiderose di confrontarsi con le altre – oppure non messe adeguatamente in condizione di farlo –, sono esposte al rischio di un progressivo isolamento e, in prospettiva e di conseguenza, di conflitti delle une con le altre, l’esperienza di contaminazione con tradizioni musicali di tutto il mondo che è stata propria in questi anni del Festival della Notte della Taranta, dà il segno di un confronto e di uno scambio positivo, di un arricchimento reciproco, della costruzione di un linguaggio comune e condiviso ma, insieme, rispettoso delle specificità legate alle singole e diverse identità culturali locali.
Seguendo con intelligenza e passione quest’ambito di ricerca, in onore di una serie di personalità straordinarie come i nostri antichi cantori, è nato “Li Ucci Festival” da un’idea di Antonio Melegari e di tutta l’ass.ne culturale Sud Ethnic. Il Festival mostra la sua vitalità e la capacità di svolgere un ruolo primario nella valorizzazione di un’importante tradizione culturale. In un mescolarsi creativo di antico e moderno, di vicino e lontano, di cultura ‘alta’ e cultura popolare, la pizzica riscopre e reinventa la propria vocazione originaria, che da sempre è quella di dare espressione alla coesione della comunità e insieme all’apertura di questa verso il mondo.
LI UCCI FESTIVAL: CAPACITA’ DI FARE SINTESI TRA PASSATO, PRESENTE E FUTUROUn festival si giudica dalla qualità del suo programma, dalla capacità di fare sintesi del presente senza dimenticare che ha un passato, di mostrare squarci di futuro.
“Li Ucci Festival” tutto questo ce l’ha e si unisce ad una grande vocazione geografica, preziosissima in tempi in cui il concetto stesso di Europa è messo in crisi. Racconta una bellezza che non è quella da copertina ma che affonda le radici nel saper fare di un popolo, nella sua mitezza, nella predisposizione all’ascolto e all’accoglienza, nell’amore per la terra che abita, nella capacità di mostrare al mondo lo straordinario patrimonio orale ereditato su cui oggi anche il main stream comincia a posare il suo sguardo.
Un festival che grazie alla capacità del direttore artistico Antonio Melegari e a tutto lo staff parla agli anziani come alle famiglie e che, soprattutto, cerca di coinvolgere i più giovani in un percorso di riconoscimento della propria identità. Perché possano prendersene cura e tramandarla alle generazioni che verranno.
L’arte, la cultura, i talenti che abitano questa regione sono la nostra chiave di rilancio, il potenziale più grande che possiamo esprimere, contro ogni stereotipo, ogni pregiudizio, per un futuro diverso in cui la musica, la danza, il teatro, la cultura ci rendono persone migliori.
CON LI UCCI FESTIVAL SI CONNETTE IL TERRITORIOL’appassionato pubblico della musica popolare salentina si dà appuntamento anche quest’anno in uno degli angoli più belli della Puglia per gustare, vivere e apprezzare una musica resa grande da Uccio Aloisi e da tanti altri cantori del Salento.
Il “Li Ucci Festival” si conferma, anno per anno, un importante evento culturale, frutto della bravura e della passione degli organizzatori e del lavoro di studio e ricerca di tanti valenti musicisti.
E’ persino inutile sottolineare quanto il Festival sia anche una ghiotta occasione per tantissimi turisti provenienti da ogni parte d’Italia, per poter apprezzare la bellezza del Salento.
Grazie a Li Ucci Festival , infatti, si riesce a connettere in modo intelligente la bellezza della musica popolare e quella di un territorio ricco di storia, monumenti, tradizioni e buona gastronomia.
E’ questo quello che dobbiamo continuare a fare: innescare politiche culturali che diventino occasione di crescita per tutto il territorio, veicolare i valori della cultura e le qualità che da sempre hanno caratterizzato questo angolo meraviglioso della Puglia.