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Uccio Aloisi

Agosto 26, 2014Li Ucci Festival

Uccio Aloisi è nato a Cutrofiano (Le) il 1 Ottobre 1928 e morto il 21 Ottobre 2010.*

Fin da ragazzo ha cominciato a lavorare nei campi e successivamente ha svolto mille mestieri tutti legati alle attività della campagna. Queste esperienze lo hanno fortemente segnato conferendogli in maniera naturale lo stile di canto che gli era proprio, oltre che una particolare visione del mondo. Il personaggio di Uccio Aloisi apre verso spaccati straordinari sulla musica di tradizione salentina. La sua voce e la sua personalità ci proiettano dentro un mondo altro” vivo e reale. Una voce che ci racconta di un contesto sociale e naturale legato alla campagna e al suo duro lavoro. Riporta impressioni e ricordi che fanno parte di lui, del suo modo di sentire e di essere. Uccio possiede una voce fresca e dura, tagliente, urlata, gridata, scagliata con rabbia in faccia a chi ascolta, o in faccia agli alberi e al cielo. La conoscenza di Aloisi risale agli anni ’70 quando insieme al grande Bandello (anche lui di Cutrofiano) rappresentavano la “voce” di un’intera comunità. Bandello mite e pacato, con una voce tenorile brillantissima che detta i tempi e le regole del canto di tradizione introitato sin da bambino, proponendosi come punto di riferimento per il canto della tradizione. Aloisi straripante e spontaneo nell’eseguire i canti insieme a Bandello lo riempie di melismi controcanti e lo apre a emozioni senza orizzonte. Fisicamente diversi quasi gracile e indifeso Bandello, un ”vichingo” Aloisi. Occhi penetranti e grandi mani adatte non solo a cavare l’argilla, ma anche fattrici di suoni ritmati e scanditi sul suo tamburello. I due compiono un lunghissimo tragitto insieme come “alberi di canto e di cultura” nell’immaginario collettivo della musica di tradizione salentina. Parlare e dire di uno significa dire e dissertare anche dell’altro. Complementari e geniali. Aloisi dopo la morte di Bandello (giugno 1998) si propone come la vera e propria “icona spettacolare” di riferimento della musica di tradizione, quasi si fosse liberato e “affrancato di una eredità ingombrante” (S. Torsello).

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